Una minore sottocapitalizzione e una maggiore propensione al credito bancario. Questa la struttura finanziaria delle imprese italiane rispetto alle aziende europee e americane. Tradotto in altre parole, questo significa che in Italia, più che in altri Paesi, le imprese utilizzano tradizionalmente il debito bancario come fonte primaria di finanziamento. La recente crisi economica-finanziaria, che ha travolto però il sistema bancario, ha ridotto la capacità degli istituti di credito di supportare la crescita delle aziende, che hanno dovuto quindi iniziare a cercare degli strumenti alternativi di finanziamento.
Si tratta di forme di finanziamento alternative, tra cui il private equity e il private debt, destinate a crescere nei prossimi anni, visto che le pmi hanno bisogno di reperire nuovi fondi per sostenere i propri piani di sviluppo. Ecco che si aprono, allora, nuove opportunità per i professionisti del risparmio. In occasione dell’Efpa Italia Meeting si è appreso che il sistema bancario italiano presenta un funding gap (differenza tra impieghi e depositi) di circa 150 miliardi di euro, che indica un potenziale significativo per i canali alternativi di finanziamento. Il private equity e il private debt costituiscono quindi due nuovi ambiti da presidiare nel contesto dell’attività della consulenza finanziaria, soprattutto per il cliente/imprenditore.
Nel corso degli anni, verrà a modificarsi e a rafforzarsi ancora di più il rapporto professionista-imprenditore. Il compito del financial planner (per usare il termine inglese) è di ascoltare quelle che sono le preoccupazioni, i bisogni e i desideri dell’imprenditore in ambito aziendale per poi proporre delle soluzioni efficaci e tempestive. L’imprenditore-cliente deve poter contare su specialisti del settore che lo affiancano nel momento in cui ha bisogno di prendere delle decisioni importanti e in genere si tratta di mosse future che servono per finanziare la crescita, per gestire la crisi o per cedere o aprire il capitale a terzi. Ma anche il passaggio generazione è un altro momento critico, in cui l’imprenditore ha bisogno di sapere di avere attorno a sé un network di specialisti fidati e preparati che possono aiutarlo a individuare la migliore soluzione o un pacchetto formato da una pluralità di soluzioni.
Le forme alternative di finanziamento sono infatti molteplici: si va da dall’emissione di minibond, allo sbarco a Piazza Affari, fino all’ingresso in azienda di fondi di private equity. E anche il percoso Elite, ossia la piattaforma creata da Borsa Italiana per supportare le imprese nella realizzazione dei loro progetti di crescita, può essere un primo passo di avvicinamento graduale delle pmi al mercato dei capitali. In questo contesto, il consulente ha un ruolo ben preciso: aiutare l’imprenditore a valutare i pro e i contro delle diverse possibili soluzioni; individuare la soluzione migliore, capace di offrire il trade-off ottimale costi-benefici, e affiancare il cliente nei colloqui di approfondimento con le società di private equity, con le Sgr che gestiscono fondi di private debt o, più in generale, con i diversi interlocutori specializzati.